#FILM
Zio Palmiro di Luca Sorgato (2022)
Un bianco e nero sardonico investito da sonorità tanto tragicomiche quanto le immagini. Questa la cornice in cui il regista conduce la sua personale ricerca estetica ispirata alla poesia di Attilio Lolini: un nichilismo futile e dissacrante come specchio e rappresentazione della realtà.
Quello di “Zio Palmiro” è uno scenario ermetico meticolosamente allestito di simboli, oggetti-feticci, reliquie umane e suppelletili (denti d’oro e di ceramica, vecchie fotografie, antiquariato rinvenuto dal regista tra i banchi di rigattieri e robivecchi). Un cinema, il suo, votato alla costruzione di un surreale completamente interno all’inquadratura, che lascia solo a tratti intravvedere il piano sotteso: l’apparente caos che informa il gioco – quello d’azzardo di Antonello e quello provocatorio del film – è in verità una costruita stratificazione di significati e letture.
L’analisi algebrica del ciclo “naturale” della vita capitalistica: guadagnare per sopravvivere e sopravvivere guadagnando. L’umana corsa alla moneta, come compromesso per la salvaguardia della quiete esistenziale.
– Francesco A. Dubini
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