#FILM
“Pizza Panic” di Leonardo Malaguti (2022)
Rimanere chiusi nel proprio mondo spesso può sembrare la soluzione ideale per evadere dalla disperata e angosciante realtà quotidiana: costruirsi attorno dei confini, delle barriere insormontabili, può dare l’illusione di sfuggire al giogo dei rapporti sociali, ormai degenerati in una sorta di ipocrita e apparente convenzione. Leonardo Malaguti, attraverso la singolare narrazione di Pizza Panic, cerca di evidenziare questo particolare aspetto senza tuttavia abbandonarsi alla drammaticità del contesto, riuscendo a bilanciare, con estrema attenzione, un’atmosfera comica e squisitamente grottesca.
Guido, ogni giorno da oltre dieci anni, riceve una pizza a domicilio che, naturalmente, non ha mai ordinato. L’arrivo del fattorino e il suono del citofono coincidono con il ripetersi di un incubo tragicomico, in cui la pizza cambia allegoricamente i suoi connotati, trasformandosi in una metaforica ossessione dalla quale è impossibile sottrarsi. Nel buio del suo minuscolo appartamento sembra prendere vita una vera e propria selva dantesca, scandita in sottofondo dalla metodica narrazione di un documentario sugli animali; è quasi un limbo, dentro al quale il protagonista trova riparo dal pericoloso mondo esterno: soltanto il rapporto a distanza con la figlia – che non vede ormai da anni – sembra mantenerlo ancorato alla realtà.
Ma tutto ciò non è sufficiente. Il tentativo infrangere la ripetizione, di oltrepassare il limite che lo confina, non fa altro che provocare un crollo verticale, in cui il felliniano viaggio onirico che segue conduce l’uomo nel folle baratro di un sonno eterno. Alla cerimonia di cremazione si sovrappone l’interno di un forno a legna, mentre la bara, inesorabile, si tramuta in una gustosa e fragrante pizza. Con ironia e surrealismo, la morte è servita in tavola.
– Emidio Sciamanna
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