#FILM
“Eight Steps” di Anna Seviroli (2022)
Quanto può essere dura la vita di un immigrato? La drammatica e frustrante sensazione di sentirsi diversi, di essere negativamente etichettati come stranieri da sguardi sconosciuti e inquisitori, spesso coincide con l’incompatibilità di muoversi all’interno di un ambiente del tutto estraneo, distaccato dal proprio paese d’origine. L’ombra del pregiudizio aleggia silenziosamente, ma il terrore di essere escluso, di essere addirittura perseguitato, è una paura concreta e può provocare traumi irreparabili, soprattutto durante il delicato periodo infantile. È ciò che descrive Anna Seviroli con il suo cortometraggio Eight Steps, in cui possiamo osservare, immersi nel placido silenzio di inquadrature fisse ed evocative, frammenti di quotidianità della piccola Nageth, bambina autistica, e di sua madre Amira.
Svegliarsi dal torpore notturno, vestirsi, fare colazione, stendere la biancheria: azioni semplici, abituali, “piccoli passi” che sembrano ripetersi nella consuetudine di una comune mattinata. Invece le apparenze ingannano, perché l’ordinaria realtà raccontata dalla regista si rivela, al contrario, estremamente difficile da affrontare. All’iniziale linearità di un ambiente sicuro e confortevole si contrappone un caotico – e allegorico – viaggio nella vita di tutti i giorni, in cui una madre si ritrova coraggiosamente a fronteggiare la povertà, a lottare contro i preconcetti, solo per preservare la candida innocenza della sua bambina, ancora inconsapevole dell’arduo futuro che l’attende.
Quando i progressi faticano ad arrivare sopraggiunge il timore di sentirsi inadeguati; eppure, quando si perde ogni certezza, anche un semplice sorriso può dare la forza di non arrendersi, di risollevarsi, di proseguire per la propria strada. Come tutto ha avuto inizio: mano nella mano, un passo per volta.
– Emidio Sciamanna
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